Villa la Magia fu al centro di una rilevante ristrutturazione architettonica e decorativa che, per volontà di Amerigo ultimogenito di Pandolfo Attavanti, tra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento dettero un nuovo ordinamento all’interno dell’edificio, senza però mutare sostanzialmente l’effetto d’insieme dell’originaria costruzione quattrocentesca.
Fra le opere più impegnative che dovettero occupare il cantiere fin dai primi mesi di attività, vi fu la realizzazione del monumentale scalone coperto da una sola grande volta, per la realizzazione del quale si rese necessario sopprimere diversi ambienti situati nell’angolo di sud-ovest della residenza; nello stesso momento fu ricavato il salone principale, che insieme alle decorazioni a stucco e ad affresco che ne adornano le pareti rendono questa parte particolarmente importante e destinata alla rappresentanza.
Il cantiere aperto alla Magia agli inizi del Settecento era infatti un brulicare di attività: numerose le personalità artistiche presenti. Fra queste giova ricordare il pittore fiorentino Giovanni Bagnoli, che nel 1710 affrescò l’ovato sullo sfondo dello scalone con figure di deità: la simbologia dell’episodio evidenzia nelle figure di Giove e Giunone l’allegoria del potere dell’amore sulle forze distruttive della guerra, qui rappresentate da Marte; allusione a cui concorrono, oltre a Minerva, anche i putti nel loro ruolo di messaggeri d’amore. Del Bagnoli si conoscono solo poche opere fra cui si annovera l’affresco col Ratto d’Europa sulla volta del ricettino antistante il salone. La scena del ‘rapimento’ è inserita in un’architettura illusionistica dovuta alla mano di Pietro Cherubini.
Alla Magia lavorò inoltre Giovan Domenico Ferretti, pittore largamente stimato dai suoi contemporanei come il più autorevole artista fiorentino del tempo, che tra il 1714 e il 1715 realizzò parte della decorazione ad affresco del grande salone di rappresentanza. Il ciclo presenta il Trionfo delle virtù sulla violenza e sul male che dominano il mondo, sull’ampia volta, e Bacco e Arianna e Diana e Atteone, rispettivamente sulla parete meridionale e su quella di tramontana della sala.
Se i lavori primosettecenteschi apportarono un notevole cambiamento nell’assetto interno della Magia, la sua vicenda costruttiva non poté tuttavia dirsi ancora conclusa. Risalgono infatti al biennio 1723-1724 altri interventi edilizi, volti soprattutto a migliorare le condizioni statiche dell’ala di levante dell’edificio.
Una nuova fase nella decorazione pittorica degli interni della dimora si è riscontrata agli inizi del quarto decennio del Settecento, quando Pandolfo Attavanti, secondogenito del generale Amerigo, commissionò l’ornamentazione dell’ampia galleria al piano nobile. Le pareti di questo ambiente furono ornate con vedute paesistiche e cittadine, incorniciate da elementi architettonici dipinti che alludono ad una loggia.
Personalità quest’ultima tra le più interessanti nel quadro del panorama artistico fiorentino del pieno Settecento. E’ figura di notevole interesse in quanto contribuì in modo determinante al passaggio dal Rococò al nascente Neoclassicismo.